La dispensa dei contadini di una volta non era molto ricca di prodotti, ma era molto ricca di genuinità, tutto ciò di commestibile che stava in casa era esclusivamente ricavato dalla loro campagna. La genuinità e l’eccellenza era comune a tutti i prodotti che ogni famiglia aveva nelle loro credenze.
Il piatto che quotidianamente consumavano era patate e fagioli, sagne e fagioli, cavatelli con le costatelle di maiale o salsiccia secca, brodo di gallina (quando non produceva più uova la gallina veniva ammazzata). Quasi sempre il sugo era in bianco: Si prendeva un pò di lardo e si tagliava a piccoli pezzettini , si metteva sul fuoco e appena rosato si aggiungeva la cipolla e appena rosolato il tutto si condiva in un unico piatto il composto di patate e fagioli o sagne e fagioli. Solo nei giorni di festa si preparava il ragù , un piatto che impegnava molto tempo per preparalo. Si aspettava il periodo natalizio per ammazzare il maiale. Il periodo che generalmente si decideva di ammazzare il maiale era o prima di Natale o dopo il primo dell’anno. La scelta era quasi sempre prima di Natale così da poter utilizzare la carne per le feste natalizie. Il giorno che veniva ammazzato il maiale, per tradizione, si preparava la pizza con i ciccioli , una vera specialità. Il motivo per cui non mancava maia a tavola questo tipo di pizza era dovuto al fatto che dovendo sciogliere la sugna per utilizzarla sia durante l’anno come condimento sia per tenere la salsiccia conservato durante l’anno nella vescica o cocci di terracotta , i ciccioli che rimanevano venivano utilizzati per fare la pizza, molto buona ma molto grassa. Non sempre, ma la domenica e in qualche giorno di pioggia, si preparava la pizza “de randinje ” (granone) , una pasta che si impastava con la farina di mais e condita con sale e rosmarino.
Cosa c’era nella dispenda “r cllare” dei contadini:
Il primo alimento che non doveva mancare mai in casa era il pane ricavato dal grano seminato nei terreni di Cerro e macinato nei mulini con macine in pietra. La donna setacciava la farina per sottrarre la crusca dalla farina per poi nel tardo pomeriggio preparare con acqua calda e farina il lievito “gliévità” (la madre per fare il pane) per poi iniziare l’impastatura al sorgere del solo della mattina seguente. La mattina seguente in un recipiente in legno la “M’sella” si procedeva con le mani e i pugni a mescolare farina, lievito e acqua , la lavorazione finiva quando il tutto diventava solido al punto giusto. Con la farina preparata si tagliavano i pani di un peso che variava a secondo della necessità della famiglia, più era grande l’unità familiare più era grosso il peso della “pagnotta” , il tutto si metteva coperto da un panno in attesa della fermentazione. In attesa della lievitazione si accendeva il fuoco nel forno fino a portarlo a temperatura. Per preparare il forno alla temperatura giusta si utilizzavano alcuni strumenti ormai scomparsi anche nelle vecchie cantine: si usava il “frecone” per girare la legna , una paletta di ferro per spargere su tutto il forno la brace e “r munnr” ( un pezzo di bastone lungo circa due metri con delle foglie di pannocchie legate al bastone) – “r munnr” bagnato con l’acqua serviva per evitare che il forno andasse oltre la temperatura necessaria per la cottura del pane. Per il riscaldamento del forno si utilizzava legna secca privilegiando la legna potata dalle ulive e quella della guercia. Finita la lievitatura si procedeva a mettere tutte le pagnotte di pane nel forno con la “panara” e aspettare fino al tempo della cottura. Il pane così fatto si conservava fino a dieci giorni e più nella madia (m’sella).
Un altro prodotto molto utilizzato era le patate, tutte coltivate sul territorio. Due erano i tempi di semina, sui monti si seminavano durante l’autunno, mentre sulla parte più bassa a fine inverno inizio primavera. la raccolta chiaramente avveniva prima nella parte più bassa e poi a settembre quella sui monti.
Un ‘altro alimento che faceva parte della tavola dei contadini erano i fagioli ,sempre rigorosamente prodotti sia in montagna sia a valle del territorio. Non mancavano i piselli coltivati solo a valle , i pomodori coltivati solo a valle, i formaggi lavorati con il latte degli animali propri, la pasta fatta in casa preparata nello stesso giorno che veniva consumata, i dolci prodotti sempre in casa e tutti i tipi di frutta di stagione.
La carne che veniva utilizzata per il consumo famigliare era solo quella utilizzata dalla macellazione degli animali tenuti nella stalla e fatta seccare per la conservazione nella cucina dove si faceva il fuoco. In cucina veniva messo un lungo bastone di legno dove venivano appese le soppressate, la salsiccia, il lardo, la vescica del maiale riempita di strutto, salsiccia e prosciutti, Nella cantina “r cellare” si conservavano le patate, i fagioli, i pomodori appesi con tutte le radici, l’olio, le salsicce sotto strutto. i prosciutti e il vino dei vigneti locali e altri prodotti alimentari. Possiamo dire che “r cellare” era il frigorifero di oggi.
La pagina è sempre in fase di costruzione, se vi fa piacere aggiungete diteci cos’altro mangiavano i contadini e immagini e continuate a visitarla per conoscere nuovi siti e storie di Cerro al Volturno.