Per un pezzo di pane un lungo processo di lavoro e di sacrifici
Dopo che “i metetore” (il mietitore) aveva finito il suo lavoro si procedeva alla raccolta dei covoni ( fasci di spighe di grano) sparsi o fatti a “reglia” ( accatastati) nelle campagne ormai prive del giallo del grano. Dopo qualche giorno con gli asini o muli si procedeva al trasporto per riportarli su un terreno predisposto (are) per poi “trescarli” (trebbiarli) con il passaggio degli animali che camminavano a forma di cerchio sulle spighe e calpestandole usciva il seme. Dopo ore e ore di lavoro si riusciva a togliere buona parte del seme dalla spiga. Finito questo lavoro si procedeva con un attrezzo speciale “uviglie” ,fatto a mano dal contadino (due pezzi di legno lunghi più di un metro e mezzo collegati alle estremità da uno spago o pezzo di cuoi) ; si faceva girare a una certa altezza “l’uviglie “e poi con forza si colpiva il fascio di grano a terra, così si riusciva a spulare il grano. Il lavoro non era finito qui, dopo aver liberato il grano dalla pula bisognava separare le pule , la paglia e le altre impurità dal seme. Per separare la paglia dai chicchi del grano si utilizzava la forca e per farlo bisognava che ci fosse abbastanza vento da poter togliere la paglia che copriva i chicco del grano. Fatto questo, adesso bisognava togliere tutta la parte più polverosa rimasta a terra con i chicchi del grano, questo lavoro veniva fatto con le mani o con una pala di legno e sempre con l’aiuto del vento si alzava una certa quantità di grano ancora sporco e il vento separava la parte più pesante che rimaneva a terra mentre quella più leggera, le pula e tutte le altre impurità le portava via. Questo procedimento veniva fatto per ore e ore fino a quando si riusciva a far rimanere il grano pulito per circo l’ottanta per cento. Il grano non era ancora pronto per la macinatura, bisognava fare altri e due processi di lavoro. Dopo aver “scamato ” (togliere tutte le impurità al grano) bisognava pulire completamente il chicco dalle rimanenze non commestibili mischiate al grano. Per farlo si procedeva con il setaccio, (“r pellicce) uno strumento fatto con una rete metallica attaccata al sottofondo di un cerchio di legno che veniva messo su un bastone in legno e muovendolo avanti e in dietro si riusciva a pulire il grano. La parte finale era la lavatura del grano e la sua essicazione al sole su stoffe molto larghe.
Finito questo processo il grano veniva conservato dentro a dei recipienti chiamati “re casciune” per essere pronto per portarlo al mulino e finalmente poter fare il tanto atteso pane e pizza.
Del raccolto in campagna con la mietitura non si buttava niente, finito il lavoro per pulire il grano dalle pule bisognava riportare la paglia nelle “paglière” dove veniva conservato per darlo agli animali durante il periodo invernale.
Dalla fine degli anni 50 del secolo scorso arrivano le macchine per trebbiare senza ruote ma vengono portate a spalla dagli uomini sulle aree già esistenti, questo nuovo sistema è già un grosso passo avanti per il contadino. Appena dopo qualche anno arriva la meccanizzazione agricola vera che toglie il 70% di lavoro ai contadini. Due imprenditori di San Vittorino in questi anni acquistano una trebbia meccanica e inizia un’altra era per i contadini di Cerro e di tutta l’alta valle del Volturno. Il sistema di trasporto è ancora l’asino , cambiano le “are” (posti dove si trebbiava con gli animali) non sono più quelle in campagna ma vengono utilizzati dei posti lungo le strade. Qualche anno dopo arrivano le motoagricole per la raccolta di tutti i prodotti in campagna.
Tutto il processo per produrre una certa quantità di grano che potesse soddisfare la famiglia era molto lungo e faticoso. Si iniziava con l’aratura e poi la semina del terreno con i buoi. L’aratore passava gran parte di fine estate sui monti con le mucche ad arare il terreno e queste povere bestie quando si stancavano, l’aratore le pungeva dietro con un la punta di una lunga asta dove a un lato c’era una punta e all’altro lato una paletta che serviva a pulire l’aratro quando si accumulava troppa terra. A primavera nasceva la piantina e insieme alla piantina nascevano altre erbacce che bisognava estirparle; per ripulire le piantine di grano si riuniva tutta la famiglia e se non bastavano si scambiavano i giorni di lavoro con altre famiglie e con “r zappittè” si toglievano tutte le erbacce (arraccannà). Finito questo processo si aspettava che il grano arrivasse a diventare grande e a prendere quel colore giallo prima della mietitura.
La pagina è sempre in fase di costruzione, se vi fa piacere aggiungete nuove storie e immagini e continuate a visitarla per conoscere nuovi siti e storie di Cerro al Volturno.